Imparare dagli errori: la carenza di valutazione e pianificazione

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Brescia, 7 Feb – Continuando ad occuparci delle cadute dall’alto nel comparto edile, con particolare riferimento alla carenza di protezioni personali o collettive, ci soffermiamo oggi sulla carenza di valutazione dei rischi e pianificazione delle misure di sicurezza.
Carenze che sono probabilmente alla base dei casi di incidenti che presentiamo, tratti dalle schede di INFOR.MO., strumento per l'analisi qualitativa dei casi di infortunio collegato al sistema di sorveglianza degli infortuni mortali e gravi.

I casi

Un primo caso è relativo ad un incidente in attività sul tetto di una copertura in fibrocemento di un capannone ad uso magazzino di foraggio.
Un lavoratore si trova sul tetto per la riparazione della copertura in lastre ondulate. La copertura, in conseguenza di precedenti forti piogge, risulta danneggiata, presenta infiltrazioni di acqua piovana che bagnano il materiale stoccato all'interno del magazzino.
Il lavoratore sta effettuando un "giro" di ricognizione sulla copertura per individuare i punti su cui intervenire, quando improvvisamente una lastra in fibrocemento cede causando la sua caduta sul pavimento sottostante in cemento da un'altezza di circa 10 metri.
Il lavoratore autonomo “non aveva predisposto apposite andatoie appoggiate sulle lastre in fibrocemento per ripartire il peso del corpo e non indossava apposita imbracatura collegata a fune di trattenuta”.

Il secondo caso riguarda un incidente che avviene a un lavoratore impegnato in attività di realizzazione di opere in cartongesso.
Il lavoratore, irregolare, mentre si reca verso una cantina adibita a spogliatoio cade da una passerella fatta con tavole di legno non fissate e senza protezioni in una “bocca di lupo” (altezza 6 metri circa).
Nel cantiere è stata rilevata la presenza di numerose violazioni e una assoluta mancanza di protezioni a difesa delle cadute dall'alto.

Il terzo caso è relativo ad attività di posa in opera di coperture e costruzione di ossature di tetti di edifici.
Alcuni lavoratori, mentre allestiscono la copertura di un capannone con pannelli di coibentazione su una struttura metallica, spingendo e addossando un pannello all’altro, precipitano al suolo attraverso un’apertura che si è creata tra due pannelli non ancora fissati tra loro.
Il pannello, precedentemente movimentato e posizionato sulla struttura metallica con una gru, viene fatto scivolare ad incastro da tre addetti su un identico pannello precedentemente allocato, completando la fase lavorativa mediante bullonatura dei lembi sovrapposti. Al momento dell’incidente, i tre addetti si trovano sulla struttura metallica, su un piano inclinato (precisamente un’estremità era a 6 m e l’altra estremità a 4,5 m) e sono allineati lungo il lato maggiore del pannello (13 m), di cui due all’estremità ed il terzo al centro, nell’atto di spingerlo. L’addetto che si trovava all’estremità più bassa precipita procurandosi trauma cranico e fratture multiple e decedendo sul luogo, mentre l’addetto centrale precipitava da un’altezza di 5 m riportando fratture al piede sinistro.
Non erano state predisposte opere provvisionali e gli addetti non erano provvisti di DPI.
Queste secondo la scheda le cause degli infortuni:
– la “spinta incoordinata del pannello verso un altro per incastrarlo”;
– il mancato uso di cinture di sicurezza;
– la mancanza di opere provvisionali.

La prevenzione

Per avere indicazioni relative alla valutazione dei rischi e alla pianificazione delle misure di sicurezza nei lavori edili su coperture, possiamo riprendere quanto riportato dalla Regione Veneto – Azienda U.L.S.S. 15 “Alta Padovana” nella terza edizione del documento “Io non ci casco – Manuale operativo per chi lavora in altezza”.

Il documento ricorda che la maggior parte delle coperture, esistenti o in costruzione, “non è praticabile in quanto l’accesso e il transito su di esse presenta sempre in qualche modo il rischio di caduta”. E sottolinea che per lavorare sulle coperture è necessario “predisporre misure di sicurezza specifiche quali:
– adeguati sistemi di accesso (ad esempio ponteggi, ponti su ruote, ecc.);
– opere provvisionali (ad esempio ponteggi, camminamenti, reti sicurezza, ecc.);
– Dispositivi di Protezione Individuali (DPI)”.
Inoltre è importante:
– “verificare se sono già stati predisposti sul fabbricato sistemi di accesso e ancoraggio come previsto dalle norme vigenti;
– prima dell’accesso ad una copertura non praticabile accertarsi che il solaio sia portante e che non presenti rischio di sfondamento a causa del peso delle persone e di eventuali materiali depositati”.
Riguardo alle priorità delle misure di sicurezza, quando si devono eseguire lavori sulle coperture “è necessario privilegiare l’adozione di misure di protezione collettiva, come l’installazione di ponteggi lungo tutto il perimetro dell’edificio oggetto dei lavori”.
Inoltre:
– “il personale addetto all’installazione di ponteggi deve ricevere un’adeguata formazione mediante la partecipazione ad un corso teorico-pratico di cui deve essere acquisita attestazione;
– se, per motivi tecnici-organizzativi, “non sia possibile allestire ponteggi dovranno essere installati lungo tutto il perimetro parapetti ancorati alla struttura del fabbricato”.
Queste, “in ordine di priorità”, le misure di sicurezza che si devono mettere in atto a protezione dei lavori svolti sulle coperture:
– “ponteggi metallici fissi;
– parapetti di protezione lungo tutti i lati verso il vuoto;
– assiti di chiusura dei lucernari e delle aperture presenti sulla copertura;
– sottopalchi di sicurezza e di servizio;
– reti di sicurezza;
– camminamenti su coperture non portanti;
– utilizzo di dispositivi di protezione individuale (DPI) contro le cadute”.

Infine il documento “Io non ci casco – Manuale operativo per chi lavora in altezza”, pubblicato sul portale prevenzionecantieri.it, riporta la procedura di valutazione per l’uso dei DPI anticaduta. Se ogni fase di lavoro è soggetta a valutazione del rischio, “quando si impiegano DPI, associati o meno ad altri sistemi di sicurezza contro le cadute, è opportuno seguire uno schema di valutazione che preveda diverse fasi”.

Fase di pianificazione preventiva dei lavori:
– “definire il lavoro da svolgere e individuare le aree di intervento;
– definire il numero di addetti strettamente necessari all’esecuzione del lavoro in quota;
– definire l’elenco dei materiali e attrezzature necessari per attuare l’intervento;
– definire il livello di mobilità necessaria all’operatore: lavoro in posizione fissa; necessità di movimento in un’area di raggio … ; necessità di movimento ampia, su tutta la copertura”.

Fase di progettazione esecutiva dei lavori:
– “individuare uno o più sistemi di ancoraggio, esistenti o da realizzare, che risultino accessibili in condizioni sicure per agganciare il sistema di trattenuta e l’imbracatura;
– scegliere il dispositivo di collegamento tra punto di ancoraggio e imbracatura dell’operatore;
– definire le modalità di accesso in quota e di aggancio dell’imbracatura al punto di ancoraggio evitando situazioni in cui l’operatore non risulti agganciato;
– prevedere eventuali camminamenti e le modalità di sollevamento – posizionamento in quota dei materiali e attrezzature necessari”.

Nella fase di valutazione dei rischi residui è bene “valutare le conseguenze che si potrebbero verificare in seguito a caduta per:
– cedimento strutturale della copertura (in ogni punto dell’area di lavoro predefinita);
– caduta dell’operatore verso l’esterno della copertura (lungo il perimetro);
– caduta dell’operatore dentro aperture sulla copertura (lucernari)”.
E una valutazione di questi tipo “deve almeno considerare:
– se lo spazio sottostante la copertura, necessario per l’arresto dell’operatore in caso di caduta, sia effettivamente disponibile, cioè libero da strutture, impianti, ecc. che possono costituire un pericolo (tirante d’aria);
– se i dispositivi utilizzati garantiscono uno spazio di caduta ‘sicuro’;
– se l’insieme delle misure previste consente di evitare, in caso di caduta, ‘l’effetto pendolo’ con possibile urto contro altre strutture”.
Se emergono incongruenze e quindi rischi, “devono essere attuate misure integrative e correttive rispetto a quelle previste”.
In relazione alla valutazione dei rischi, deve essere predisposta anche “una procedura che preveda l’intervento di emergenza in aiuto del lavoratore rimasto sospeso al sistema di arresto caduta, che necessiti di assistenza da parte di altri lavoratori. E’ necessario quindi che nella squadra di lavoro vi sia la presenza di personale che possegga la capacità operativa di garantire l’intervento di emergenza”.
Se, come risultato della valutazione dei rischi, si ritiene che sia impossibile intervenire con risorse interne, “deve essere prevista un’apposita procedura per l’attivazione del soccorso pubblico”.

 

Pagina introduttiva del sito web di INFOR.MO.: nell’articolo abbiamo presentato le schede numero 654, 2004, 616a (archivio incidenti 2002/2010)

 

Tiziano Menduto

 

 

 

(fonte: www.puntosicuro.it)



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